Acea Ato 5, Class action inammissibile. Il Tribunale rigetto il ricorso del Comitato Volontario


La class action contro Acea Ato 5 promossa dal Comitato Volontario No Acea è stata dichiara inammissibile dal Tribunale di Roma. Gli utenti sono stati condannati al pagamento di oltre 50 mila euro di spese. La decisione è stata assunta quest’oggi dal collegio giudicante presieduto dal dottor Eugenio Curatola. Per i magistrati capitolini, infatti, l’azione legale collettiva promossa dagli utenti contro il Gestore del servizio idrico integrato dell’Ato 5 di Frosinone manca dei requisiti di omogeneità e conformazione seriale dei diritti, requisiti espressamente richiesti dalla normativa in materia.

In sintesi, il Codice del Consumo e la giurisprudenza affermatasi sull’argomento stabiliscono, quale  presupposto necessario dell’azione di classe, il fatto che le pretese individuali suscettibili di essere valutate unitariamente, senza la necessità di un’istruttoria relativa alle particolari posizioni degli attori, debbano risultare aggregate sin dall’inizio del processo. In sostanza, gli utenti che agiscono con una class action debbono trovarsi in una situazione omogenea e debbono rivendicare i medesimi diritti. Cosa che il Tribunale non ha riscontrato nell’azione promossa dal Comitato No Acea.

Sul punto, i giudici hanno osservato come le rivendicazioni avanzate in merito alle ‘partite pregresse’ (conguagli 2006-2011) interessavano solo una minoranza dei firmatari dell’azione; inoltre, tra gli attori vi erano diverse tipologie di utenti: domestica e non domestica, utenze cessate e soggetti non titolari di alcuna utenza (in quest’ultimo caso privi anche l’indispensabile requisito di essere un “consumatore” per partecipare alla class action).

I giudicanti scrivono in sentenza che: “Non è configurabile alcun interesse collettivo in capo agli attori, sia per il carattere individuale degli interessi dedotti in giudizio, siccome correlati a rapporti contrattuali, sia per la mancanza di un soggetto organizzato che possa rappresentarlo”.

Infatti, il Tribunale è tenuto anche a valutare la capacità di curare adeguatamente l’interesse della ‘classe’ di consumatori che agisce e, esaminando la posizione del Comitato Volontario No Acea, conclude che lo stesso “non è palesemente in grado” di fornire simili garanzie poiché – spiegano i giudici -: non è tra le associazioni di consumatori e utenti rappresentative a livello nazionale; non ha dimostrato la partecipazione degli attori al Comitato; risulta costituito da pochi soggetti, con esigua adesione di sottoscrittori; ha finalità statutarie generiche e vaghe.

Dopo aver argomentato sui motivi di non ammissibilità dell’azione di classe, il provvedimento della Seconda Sezione Civile dichiara la “manifesta infondatezza” della stessa class action con cui il Comitato, in sintesi, aveva chiesto: la restituzione agli utenti delle somme indebitamente riscosse da Acea negli ultimi 5 anni poiché mai sottoscritti contratti di servizio con il gestore; la dichiarazione di non dovuto per il conguaglio 2006-2011; la restituzione delle differenze tra il calcolo dei consumi e dei costi, su base annua anziché con metodo pro die.

Sull’inesistenza del contratto, i giudici hanno ritenuto corrette le ragioni di Acea, che è subentrata ex lege nei contratti in atto con i Comuni al momento dell’acquisizione della gestione unica e ha poi fatto sottoscrivere nuovi contratti agli ulteriori utenti. Inoltre, sul punto, i togati hanno rilevato come con la class action, da una parte, si deducesse l’assenza di un contratto scritto ma, allo stesso tempo, si assumesse la nullità delle clausole contrattuali relative al calcolo tariffario del pro die “introducendo un petitum del tutto eccentrico rispetto alla causa petendi”. 

Il Tribunale, infine, ha anche condannato in solido tutti gli utenti che avevano promosso l’azione contro il gestore del servizio idrico integrato al pagamento delle spese legali quantificate in 50.500,00 euro oltre oneri.

Cesidio Vano

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