Da La Provincia Quotidiano del 24 novembre 2016
di Cesidio Vano
Curavano anche i morti. Tanto pagava Pantalone, che questa volta vestiva i panni della Asl ciociara. L’Azienda sanitaria di Frosinone, infatti, per dieci anni, dal 2000 al 2010, ha proseguito a rimborsare a alcuni medici prestazioni per pazienti belli che defunti, da almeno un anno. La vicenda emerge, in tutta la sua gravità, dalla sentenza della Corte dei conti per il Lazio che, nei giorni scorsi, ha condannato gli ex direttori generali della Asl di Frosinone, Giancarlo Zotti e Antonietta Costantini, ritenuti parzialmente responsabili, del mancato controllo sull’elenco degli assistiti.
Ma le colpe e le mancanze in questa vicenda sono anche e soprattutto di altri. L’intera macchina dei controlli non ha fatto il proprio dovere. I magistrati contabili, infatti, sottolineano come, da una parte, Zotti e Costantini «hanno evitato di dare qualsiasi tipo di impulso alle attività di verifica» a cui erano tenuti in forza delle norme di legge e, dall’altra, «hanno colpevolmente tollerato le spensierate negligenze di tutto il personale loro sottoposto».
I giudici parlano di «disinvolti impiegati e funzionari ASL» e degli «inattivi dipendenti del Comune di Cassino (da dove è partita l’inchiesta, ndr) preposti alle comunicazioni con la ASL)».
Giancarlo Zotti e Antonietta Costantini dovranno risarcire l’azienda con 42.309 euro il primo e 1.754 euro la seconda, che è stata in carica solo per un breve periodo. E’ solo una parte dello sperpero.
Il danno subito dalle casse sanitarie, in realtà, è stato molto più ampio: centinaia di migliaia di euro, ma tra periodi già caduti in prescrizione e responsabilità ascrivibili ad altri soggetti, non chiamati però in giudizio, buona parte delle somme non sono recuperabili. Per molte altre, sempre illegittimamente erogate, sono state invece per tempo avviate le procedure di restituzione e bisognerà vedere con che fortuna. Inoltre, la procura contabile ha rinunciato a procedere a carico degli eredi del defunto dg Carlo Mirabella.
Le indagini svolte dalla Guardia di Finanza avevano portato ad individuare centinaia di casi di persone defunte ma ancora assistite dal servizio sanitario aziendale e anche numerosi casi (407 per la precisione) di nominativi per i quali non veniva indicato il codice fiscale, di fatto erogazioni per persone non identificabili.
L’obbligo di recupero di rimborsi erogati nell’interesse di soggetti deceduti da oltre un anno è scattato nel 2005. Quindi da quella data la Procura ha calcolato il danno erariale.
I giudici contabili hanno, però, accolto le osservazioni delle difese dei convenuti, ritenendo che per intervenuta prescrizione si potevano addebitare in danno solo le somme erogate dal 2007 in poi.
La Corte dei conti, nel 2014, ha chiesto anche di acquisire, dalla procura della repubblica di Frosinone, gli atti del procedimento penale che è stato avviato a carico di due medici della città martire, i quali non solo incassavano i rimborsi per pazienti ormai deceduti ma risultava avessero anche prescritto farmaci agli stessi. Da questa inchiesta sono scaturiti poi gli accertamenti contabili che hanno portato i giudici a scrivere in sentenza: «Nella sostanza, si manifesta una diffusa negligenza a partire dai vertici ASL, ai dirigenti, funzionari e impiegati della medesima Azienda, sino alla disinvolta noncuranza degli impiegati del Comune di Cassino, rispettivamente officiati di compiti di doverosa comunicazione ai fini dell’aggiornamento dei registri degli assistiti del servizio sanitario regionale».