Frosinone, verso la bonifica della discarica di via Le Lame


Da La Provincia Quotidiano del 22 novembre 2015

di Cesidio Vano
Sono cinque le ‘manifestazioni di interesse’ presentate ieri in Comune, a Frosinone, in risposta all’avviso urgente, pubblicato nelle scorse settimane dall’ente municipale, e relativo alla messa in sicurezza e recupero ambientale, tramite “landfill mining”, della discarica di via Le Lame. 
Il ‘landfill mining’ è un termine inglese per definire, essenzialmente, il recupero di discariche mediante l’asportazione dei rifiuti.
Ora si attende l’apertura delle buste conteneti le proposte di bonifica del sito in modo da saperne di più.
In Comune, a partire dal sindaco Nicola Ottaviani, ad ogni modo, si dicono già soddisfatti di essersi ritrovati con 5 proposte di intervento che corrispondono all’interessamento di altrettante grandi aziende italiane e internazionali a bonificare l’enorme discarica, la quale può rappresentare paradossalmente una ‘ricchezza’ se quei rifiuti si riescono a valorizzare energicamente.
L’ecomostro
L’amministrazione del sindaco Nicola Ottaviani, già da qualche anno, ha messo mano al problema dell’ecomostro sorto in circa 30 anni nella zona industriale di via Le Lame dove, su una superficie di 37.500 mq, è stato accumulato un volume complessivo di rifiuti e sovvalli pari a circa 651.000 mc, dando vita ad una vera e propria collina.
Sul sito, in passato, sono stati operati alcuni interventi di messa in sicurezza che avrebbero dovuto impedire la dispersione del percolato nel sottosuolo. Qualcosa, però, non ha funzionato, perché l’inquinamento del sottosuolo, che si è inserito in una situazione di emergenza già rappresentata dalla contaminazione della vicina Valle del Sacco, è stato rilevato a più riprese.
Due possibilità
Le possibilità di intervento prese in esame dall’amministrazione comunale sono state essenzialmente due: l’ulteriore cinturazione della discarica con una spesa di circa 20 milioni di euro per impedire la dispersione di inquinanti oppure la rimozione dei rifiuti e la successiva bonifica dell’area (il landfill mining, appunto). Ed è stata proprio questa seconda strada – preferita dal sindaco Nicola Ottaviani – quella che anche gli esperti hanno ritenuto di battere.
Il landfill mining
L’intervento di trasferimento dei rifiuti e successiva bonifica del sito, risolve alla radice il problema. La questione è dunque come trattare l’enorme quantità di immondizia lì accumulata che dovrà essere avviata allo smaltimento tramite valorizzazione energetica, tradotto: bruciata per produrre energia. Ma come?
Una delle idee è quella di operare sul posto la combustione dei rifiuti con particolari e moderne apparecchiature tecnologiche che garantirebbero la non emissione in aria di sostanze pericolose. Il tema, ovviamente, è delicatissimo in una città in cui l’inquinamento è tra le prime emergenze quotidiane. Dal comune aspettano di capire cosa effettivamente abbiano proposto i tecnici.
L’energia prodotta potrebbe essere utilizzata dal Comune e alle aziende del consorzio Asi.
Il costo dell’operazione si aggirerebbe, comunque, attorno ai 30/40 milioni di euro.
Da incontri informali con i tecnici in occasione della presentazione delle proposte è comunque emerso anche lo scenario secondo cui solo una parte dei rifiuti accumulati possa essere ‘valorizzata’, mentre quella che ormai è inutilizzabile perché mineralizzatasi potrebbe restare lì sul posto.
L’offerta del Comune
Il Comune, come controparte dello smaltimento e dopo la bonifica, metterebbe a disposizione del privato il sito recuperato con disponibilità di cambio di destinazione d’uso e la valorizzazione dell’area stessa. E’ da valutare, infine, se l’operazione possa essere interamente svolta dal privato o sia necessario il contributo dell’ente pubblico.

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