Acea Ato5 vince al Tar: stop alle ordinanze di riallaccio acqua ai morosi


Da La Provincia Quotidiano del 3 novembre 2015

di Cesidio Vano

Il sindaco non può ordinare all’Acea Ato5 di riallacciare l’acqua agli utenti a cui la fornitura è stata staccata – dopo avvisi, diffide ed avvertimenti – per il mancato pagamento dei consumi. E’ quanto ha stabilito il Tar del Lazio, sezione di Latina, che nella giornata di ieri ha depositato le sentenze, compilate nella formula breve, relative a 5 ricorsi presentati dal gestore idrico Acea Ato5 Spa contro iniziative similari prese dai comuni di Torrice (tre sentenze), Cassino e Alatri, i cui primi cittadini avevano ordinato ad Acea di riallacciare le utenze idriche staccate a residenti morosi nel pagamento dei consumi.

I giudici amministrativi hanno, dunque, accolto le richieste di Acea convenendo che le ordinanze emesse dai sindaci hanno violato la stessa norma invocata a loro presupposto (l’art. 50, comma 5, del T.U.E.L) per eccesso di potere per sviamento, poiché, mentre in tali ordinanze contingibili ed urgenti possono essere emesse dal Sindaco per fronteggiare le emergenze sanitarie o di igiene pubblica, nei casi in esame non sarebbe stato indicato alcun pericolo per l’igiene e la salute pubblica e si sarebbero tutelati, invece, esclusivamente gli interessi dell’utente privato. Fuorviante sarebbe poi il richiamo da parte dell’ordinanza impugnata ad “aspetti di natura socio-assistenziale”, che non avrebbero rilevanza ai fini dell’adozione delle ordinanze ex art. 50.

Più nello specifico i giudici amministrativi chiariscono che «Il Sindaco non può intervenire con l’ordinanza prevista dall’art. 50, comma 5, T.U.E.L. a vietare al gestore del servizio idrico l’interruzione della fornitura nei confronti di singoli utenti morosi, poiché in questo caso si realizza uno sviamento di potere, che vede il Comune, estraneo al rapporto contrattuale gestore – utente, impedire al medesimo gestore di azionare i rimedi di legge tesi ad interrompere la somministrazione di acqua nei confronti di utenti non in regola con il pagamento della prevista tariffa, e ciò a prescindere dall’imputabilità di siffatto inadempimento a ragioni di ordine sociale».

Insomma, nel contratto di somministrazione gestore-utente, il Comune non ha né può avere alcun ruolo. E, seppure si vuole ipotizzare una sorta di “dinamica di rapporti” tra Autorità comunale e gestore, lo strumento utilizzabile non sarebbe l’ordinanza, la quale, in assenza dei presupposti di contingibilità e di urgenza, risulta essere del tutto sproporzionata rispetto all’obiettivo da raggiungere.

Accogliendo tale motivo di ricorso, i giudici hanno dichiarato assorbiti tutti gli altri che pure vertevano sulle particolarità di ogni caso: eventuali perdite occulte, legittimità nell’operato dell’Acea (contro cui altri sono i rimedi azionabili), mancate comunicazioni, ecc. ecc.

Il Tar ha anche condannato, a seguito della soccombenza, i Comuni al pagamento delle spese di lite fissati in 2.000 euro per ognuno dei 5 ricorsi, con il divieto per i Comuni di rifarsi sugli utenti.

Le 5 cause hanno riguardato tre utenti del comune di Torrice morosi per 3.000, 10.600 e 5.000 euro; un utente del comune di Cassino moroso per 20.000 euro e un utente del comune di Alatri (in questo caso il Comune non si è costituito in giudizio) moroso per 4.700 euro.

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