Da La Provincia Quotidiano del 1o ottobre 2010
Erano imputati di gravi reati come estorsione e usura. Sono stati alla fine assolti per non aver commesso il fatto perché il loro accusatore è stato pizzicato a mentire perfino al Tribunale pur di non pagare il proprio avvocato.
La vicenda di cui parliamo è partita molti anni fa. Nel 2004 un auto-trasportatore di Ceccano ha denunciato una coppia di commercianti di Frosinone, G.F. di 48 anni e M.L. di 54, moglie e marito, accusandoli di aver preteso interessi del 240% annui su un prestito di 20 milioni di lire avuto dagli stessi nel 1995. Ai magistrati aveva raccontato di aver dovuto accettare richieste di pagamento di circa 17 milioni al mese. Nel 2004 la sua situazione debitoria nei confronti della coppia sarebbe stata “rendicontata” in una scrittura privata con la quale le “parti” mettevano nero su bianco il debito fino allora maturato. Scrittura firmata dal denunciante che aveva però anche riferito agli inquirenti che, i medesimi due, avrebbero tentato di estorcergli il denaro reclamato con lettere minatorie e minacce. Dopo le indagini delle forze dell’ordine i due sono finiti a giudizio con le accuse, appunto, di estorsione e usura. A difenderli ed assisterli l’avvocato Nicola Ottaviani di Frosinone. Durante il dibattimento, però, sono emersi elementi fortemente contraddittori in merito alle accuse mosse dal denunciante. Alcune intercettazioni telefoniche operate nella fase delle indagini preliminari, inoltre, aveva portato gli inquirenti ad appurare che a casa dei due presunti usurai esisteva un caveau contenente titoli di credito, denaro e documenti, tra cui anche la scrittura privata segnalata dal denunciante. Ma i titoli presenti erano tutti relativi a una finanziaria romana a cui la coppia aveva parimenti prestato denaro. Inoltre, gli accertamenti patrimoniali effettuati dalla difesa dei due imputati ha dimostrato che all’epoca dei fatti trattati il denunciate aveva fittiziamente intestato a stretti parenti immobili per un patrimonio valutato circa un miliardo e mezzo di lire. Cosa che gli aveva permesso, stante il suo sedicente stato di povertà, anche di avvalersi proprio per quella causa in corso del gratuito patrocinio. Appurato questi fatti il Tribunale ha revocato il beneficio economico accordato e accogliendo la tesi dell’avvocato Ottaviani di non ritenere attendibile le dichiarazioni dell’accusatore che aveva mentito persino al Tribunale stesso. Da qui la piena assoluzione dei due imputati.