Da La Provincia Quotidiano del 1° agosto 2010
Nonostante il pronunciamento del Tar del Lazio di giovedì scorso ai caselli autostradali si continuano a pagare gli aumenti dei pedaggi imposti dal Governo. Questione di burocrazia e di atti non ancora formalmente notificati. Nel frattempo, già venerdì pomeriggio, Palazzo Chigi, tramite l’avvocatura dello Stato, ha deciso di impugnare davanti al Consiglio di Stato la decisione dei giudici amministrativi di primo grado con cui, appunto, è stato sospeso il Dpcm che stabiliva i rincari. Fino a ieri sera, però, le società che gestiscono le autostrade non avevano ricevuto indicazioni in merito alla cancellazione degli aumenti che quindi, per adesso, restano e che, in questo week-end di inizio agosto, avranno il loro bel peso nelle casse delle aziende.
A favore della decisione del Tar “perché si è evitata un’ingiustizia a danno dei pendolari” si sono espresse tutte le parti politiche, tanto a sinistra quanto a destra, compreso chi non aveva voluto sostenere prima l’impugnativa. Belle parole, ma di fatto i pendolari ed i vacanzieri continuano a pagare…
I rincari dei pedaggi avrebbero dovuto portare guadagni in più per quasi 300 milioni di euro, da qui fino a tutto il 2011. I giudici amministrativi però hanno accolto il ricorso presentato dalla provincia di Roma e da 41 comuni laziali, affermando che «il provvedimento per essere coerente con la finalità enunciata» doveva «assumere il carattere di corrispettivo per l’utilizzo di un’infrastruttura; al contrario, tale carattere non appare sussistente in alcune delle ipotesi evidenziate, vale a dire in tutte quelle che prevedono il pagamento del pedaggio in relazione ad uno svincolo stradale non necessario e non interessato dalla fruizione dell’infrastruttura». Cioè l’aumento, per essere funzionale a quanto ci si proponeva di ottenere doveva assumere il carattere di corrispettivo per l’utilizzo di una infrastruttura e non quello di misura meramente fiscale. Al Consiglio di Stato, Palazzo Chigi chiede di sospendere con urgenza la sospensione concessa dal Tar capitolino o di fissare subito un’udienza.
Nel frattempo anche in Piemonte il Tar ha accolto un simile ricorso della provincia di Torino.