Da La Provincia Quotidiano del 5 settembre 2010
Nel Lazio un bambino su due nasce con il cesareo. Ed anche la Ciociaria dà il suo contributo a tenere alta questa media. Il fenomeno è finito al centro dell’attenzione dopo il caso del piccolo Jacopo, il neonato deceduto lo scorso 28 agosto al Policlinico casilino a Roma, ed ha convinto la governatrice del Lazio Renata Polverini a far svolgere un’inchiesta all’Agenzia di sanità pubblica regionale (Asp).
Della vicenda ha riferito ieri, in un ampio servizio, anche il Corriere della Sera che ha evidenziato come «in molte cliniche convenzionate e soprattutto private si arriva ad avere tra il 70 e 85% di nascite in sala operatoria».
Nella nota inviata all’Asp, la governatrice ricorda: «La percentuale di cesarei è elevata non solo nel privato, ma anche nel pubblico» e chiede di valutare «anche i giorni della settimana in cui i parti vengono effettuati per capire per quale motivo la nostra regione ha percentuali così alte».
L’impegno della Polverini è, comunque, quello di sostenere i parti naturali perché «bisogna incentivarli».
Il continuo ricorso alle nascite in sala operatoria è anche un impegno economico non da poco per le già martoriate casse della sanità pubblica. Infatti, un parto naturale costa alla Regione in media 1.489 euro, mentre un cesareo 2.243. Non si escludono quindi, a verifiche concluse, l’emersione di eventuali responsabilità contabili.
E veniamo alla situazione in Ciociaria, almeno come emerge dai dati che l’agenzia Laziosanità ha pubblicato relativamente al 2008 (ultimo aggiornamento disponibile), per quel che concerne le nascite con tagli cesarei.
La percentuale più alta di parti con il cesareo si registra nella clinica Sant’Anna di Cassino. Nel 2008, infatti, si 257 nati, 184 sono venuti alla luce con l’uso del bisturi, per una percentuale del 71,6%. Subito dopo viene la struttura Parodi Delfino di Colleferro. In questo caso su 439 nascite, 296 sono avvenute con il cesareo per una percentuale del 67,4%. Scorrendo la classifica regionale segue il dato dell’ospedale San Benedetto di Alatri: su 781 parti, 395 (quindi il 50,6%) sono stati eseguiti in sala operatoria. Al Santa Scolastica di Cassino la percentuale è del 44,7% (298 nascite su 666 totali). Le percentuali scendono se ci si sposta a Sora, dove presso l’ospedale Santissima Trinità su 968 nati, 399 sono passati per il taglio cesareo (41,25). All’Umberto I di Frosinone la percentuale è del 40,3% con 418 parti cesarei su 1.036 in totale. Chiude la classifica, per quel che riguarda la provincia di Frosinone, l’Ospedale civile di Anagni che su 238 nascite ne ha effettuato 91 con l’intervento chirurgico per una percentuale del 38,2.
Il Corsera ha anche evidenziato che «un’altra anomalia emersa nella ricerca è la differenza di percentuale di cesarei tra le province di Latina e Viterbo (circa il 30%) e quelle di Roma, Rieti e Frosinone (nettamente superiore al 40%) senza evidenti motivi epidemiologici». Secondo i dati pubblicati da Laziosanità nel 2008, nella nostra regione, i nati sono stati 55.394, dei quali 24.578 con il cesareo (pari al 44,4%). L’abuso del ricorso al bisturi è un dato ormai storicamente confermato: la proporzione, spiega la ricerca, è passata da 22,3% del 1985 a 44 del 2008, mentre la media nazionale è del 38 e l’Organizzazione mondiale della sanità raccomanda di restare intorno al 15%. Da non dimenticare il fatto che le partorienti spesso sono over 35, sono le prime a chiedere di non soffrire e quelle che hanno partorito il primo figlio con il cesareo, sono obbligate a ripeterlo con il secondo.