Provincia. Traffico illecito di rifiuti, sette nei guai: l’Antimafia chiude le indagini a carico dell’ex commissario, due ex dirigenti e i titolari di una ditta


Da La Provincia Quotidiano del 10 maggio 2016

di Cesidio Vano
“Traffico illecito di rifiuti”. E’ questa l’ipotesi di reato, aggravata dalla continuazione e dal concorso, che la Direzione distrettuale antimafia di Roma ha posto alla base del procedimento penale n. 35156/15 per il quale, nelle scorse settimane, è stato emesso l’avviso di chiusura indagini a carico dell’ex commissario straordinario della Provincia, Giuseppe Patrizi; di ex due dirigenti dell’Amministrazione provinciale, all’epoca ai vertici del settore Ambiente; del titolare, del direttore e di una dipendente di una ditta operante nel sud della provincia.
Ai sette viene contestato di aver agito, con le aggravanti della continuazione e del concorso, al fine di ottenere un illecito profitto con più operazioni e attraverso l’allestimento di mezzi e ed attività continuative organizzate.
L’inchiesta, guidata dal Pm distrettuale Maria Cristina Papalia e dal Pm della procura di Cassino Rita Caracuzzo, verte sul rilascio, ad inizio del 2014, di un’Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Nei fatti – come ricostruiti dalla Dda romana – il provvedimento emesso dalla Provincia, consistente in una modifica della precedente Aia rilasciata nel novembre 2008, sarebbe risultato illegittimo.
L’autorizzazione in questione legittimava l’azienda a realizzare una discarica per rifiuti non pericolosi in conto proprio, di esclusiva pertinenza dello stabilimento aziendale e con una capacità pari a circa 37.000 tonnellate per tre anni.
Secondo gli accertamenti della Direzione distrettuale antimafia, però, la Provincia non poteva rilasciare tale Aia poiché l’ente competente era la Regione Lazio.
La normativa in materia, ovvero la legge regionale n. 17/2006, riserva alla Regione il rilascio delle autorizzazioni per alcune specifiche attività di smaltimento rifiuti, tra le quali, secondo i Pm, rientrerebbero anche quelle ad oggetto dell’Aia emessa dalla Provincia. «Conseguentemente – si sostiene nel provvedimento di chiusura indagini – l’autorizzazione alla realizzazione e all’esercizio della discarica non poteva essere rilasciata dall’Amministrazione provinciale di Frosinone».
Ciononostante, non solo l’ente provinciale aveva autorizzato la discarica, ma lo aveva fatto – sempre stando alle evidenze emerse dalle indagini della Dda – in assenza del necesario parere dell’Agenzia regionale per l’ambiente (ovvero l’Arpa Lazio), elemento che invece sarebbe dovuto essere essenziale per il via libera all’Aia. Vi sarebbero stati poi altri elementi ostativi come: la presenza nelle immediate vicinanze della discarica di nuclei abitati, la collocazione della stessa in zona agricola e la presenza di un corso d’acqua superficiale – evenienza segnalata dalla Asl già dal 2007 – a margine del sito dove dovevano essere accumulati i rifiuti.
Con la chiusura delle indagini, gli indagati e i loro legali (il collegio difensivo è formato dagli avvocati Sandro Salera, Nadia Patrizi, Paolo Marandola e Marco Pizzutelli) potranno prendere visione degli atti svolti e prodotti dai pm; depositare loro documentazione, chiedere lo svolgimento di altre investigazioni o presentarsi per rilasciare dichiarazioni o chiedere di essere interrogati.
A termine di tali attività, il reato ipotizzato di “Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti” previsto dall’art. 260 del testo unico sull’Ambiente, potrebbe divenire il capo di imputazione formulato dalla Dda romana a carico dei sette indagati nell’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.

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